mercoledì, aprile 15, 2009






cambolletthai
n. 4 (34)














Ai confini della lealta’














Sono le 05.45 del mattino a Bangkok ed il sole deve ancora svegliarsi per donare alla capitale Tailandese i suoi consueti 36 gradi accompagnati da quel gradevole 90% di umidita’ che concilia sudorazioni torrenziali. Nella strada che porta ad una delle stazioni ferroviarie secondarie un gruppo di scarafaggi di dimensioni pachidermiche ritorna stancamente verso il loro appartamento vista fogna dopo una serata di gozzovigliamenti nelle varie micro-discariche del quartiere. Poco piu’ in la due pantegane discutono animatamente sui benefici portati dalla totale mancanza di bidoni per l’immondizia in citta’, mentre le zanzare del 14’ Stormo “Tigri della Tailandia” cominciano le loro esercitazioni mattutine. La routine di questo adorabile quartiere veniva bruscamente interrotta dal nostro arrivo in pieno assetto da viaggio, con zaini in spalla, orologio alla mano ed ascella gia’ lagunare.




Da li sarebbe cominciato il nostro viaggio verso la Cambogia; prima destinazione la citta’ di Siem Reap, tappa obbligata per accedere finalmente al sito archeologico di Angkor. Accolti da un affabile e narcolettico rappresentante delle ferrovie locali, facciamo il biglietto – rigorosamente di terza classe, categoria infimi e sottomessi - e ci mescoliamo ai pendolari in attesa sia del treno che della fine di quel supplizio imposto da una fantasmagoria di insetti molti dei quali sconosciuti anche alla National Geographic Society.




A causa di un curioso scherzo del destino ci viene negata la possibilita’ di poterci sedere sullo stesso pancale (NdA chiamarlo sedile sarebbe un’esagerazione romanzesca che non mi sento di compiere), cosa che accettiamo anche se con una certa riluttanza. Personalmente i miei dirimpettai sono una gradevole mammina con bambino annesso, mentre di parte mi si siede un’anziana signora databile, grazie ai progressi fatti con il carbonio 14, intorno al tardo mesozoico. Il viaggio prosegue bene tra le consuete vampate di kerosene provenienti dal locomotore, il delicato aroma di seppie essiccate consumate da alcuni passeggeri – ma d’altronde si sa, la colazione e’ il pasto piu’ importante della giornata – ed altri aromi che mi riportavano alla mente i sapori italiani di Seveso e della Napoli post-sciopero netturbini.




Mentre, aiutati dai fidi I-pod si cercava di passare il tempo, le 6 ore e mezzo di viaggio venivano scandite con metronomica precisione dalle precipitazioni a carattere urinico-temporalesco del bambino di fronte. La madre premurosa, non fidandosi dell’igiene della toilette del vagone, preferiva far espletare i ricorrenti bisogni dell’infante incontinente dentro un sacchettino di plastica che poi, con grazia signorile, dopo essere stato svuotato fuori dal finestrino a beneficio sia degli abitanti adiacenti alle rotaie, sia dei passeggeri delle carrozze successive, veniva riposto accanto alla bibita avidamente consumata dall’immondo piscione.




Finalmente il treno arriva ad Aranyaprathet, ultima fermata e capolinea in territorio Thai, dove un’orda di tuk-tukkari attendeva i turisti diretti verso l’adiacente confine del paese, per fargli percorrere gli ultimi 8 km che li saparavano dalla Cambogia. Inutile dire che malgrado l’unica alternativa agli avidi autisti di tuk-tuk fossero le nostre gambe, il buon Ennio, oramai maestro delle contrattazioni selvagge ed estreme, riesce a strappare un prezzo onesto e non da ladrocinio. Ma quando si viaggia si sa, le sodomie sono sempre in agguato ed anche in questo frangente il fato non ha voluto risparmiarcene una. Infatti, il meschino autista ci ha fermati davanti ad una agenzia di viaggi che proponeva la visa per la Cambogia affermando che – in quanto noi sprovvisti di tale lasciapassare – saremmo stato bloccati in una sorta di limbo tra le due nazioni per un paio di giorni in attesa del visto vero e proprio.
A nostra difesa posso solo dire che avevamo fiutato la vasellina che colava dall’intera storia che lo zelante impiegato dell’agenzia truffaldina cercava di propinarci ma un po’ per la stanchezza, un po’ per la riluttanza dell’autista faccendiere e complice nel portarci via, abbiamo accettato di pagare 35$ cadauno per il visto. Inutile dire che una volta arrivati al vero confine, abbiamo scoperto non solo che la visa viene concessa immediatamente ma che il prezzo e’ di 20$. Il nostro orgoglio di viaggiatori e d’italiani (quindi ben avvezzi alle truffe ed ai raggiri) sanguinava rabbiosamente.
Il confine e’ stato quindi attraversato con la stesso umore, socievolezza e amore per il prossimo che solo una creatura generata dalla fusione tra Attila e Satana in persona avrebbe potuto eguagliare.



Decisi a non farci piu’ raggirare da nessuno e con passo determinato abbiamo attraversato la via principale di Poipet – citta’ di confine e luogo di casino’ e casini – incuranti della tempratura sahariana e delle decine di faccendieri che ci proponevano bus a 10$ o taxi a 15$ cadauno. Sapevamo gia’ che non avremmo accettato nessuna proposta non negoziabile. Pur sapendo di essere ad almeno 4 ore di macchina dalla nostra meta, la camminata suicida ci e’ servita ad affievolire il dolore ancora palpitante della fregatura ricevuta per la visa ma di certo non risolveva il problema del trasporto. Mentre eravamo fermi davanti ad un benzinaio si e’ fermato un pick up che ci ha proposto di portarci a Siem Reap per 20$ in totale, prezzo che il mastino di Nettuno ha ridotto a 15$. Raggiunto l’accordo e caricati nel cassone del pick up insieme ad una famigliola di mamma e tre figli, il nostro nuovo autista si e’ fermato poco fuori Poipet per caricare altri avventori locali. Dopo circa 30 interminabili minuti la Compagnia del Pick up era cosi’ composta:
posti a sedere all’interno del veicolo - l’autista, ovviamente al posto di guida (o di Giuda che dir si voglia), il co-pilota al suo fianco, 3 cambogiani benestanti nel sedile di dietro. Il cassone del pick up vedeva invece la seguente disposizione: sacchi di riso, carbone ed altri vegetali per un peso stimato intorno ai 10 quintali; la succitata famigliola, 5 cambogiani evidentemente poco abbienti ed un gallina in gabbia. Totale, 2 italiani, 9 cambogiani ed un pennuto incarcerato e probabilmente gia’ condannato al capestro. Inutile dire che il cassone non aveva ne’ sedili ne coperura alcuna. Le 4 ore di viaggio sotto il sole cocente e senza l’assistenza delle sospenzioni oramai stremate dal peso dall’immonda brigata a bordo, si e’ trasformato in una via crucis dove al posto di frustate e lapidazioni, venivamo flagellati da qualunque tipo di detrito scagliato dagli altri veicoli, da insetti che ci colpivano a velocita’ supersoniche e da crateri stradali che hanno messo a dura prova le nostre parti piu’ soffici.
Come se questo non fosse stato abbastanza, ad un certo punto l’asfalto e’ venuto a mancare e ci siamo ritrovati in mezzo ad una cera e propria tempesta di polvere durata circa 2 ore. Per quando abbiamo di nuovo rivisto il colore amico del catrame nero della strada eravamo talmente pieni di polvere che anche i nostri naturali pigmenti epidermici avevano subito dei cambiamenti al limite della genetica, per non parlare dei polmoni che a quel punto non processavano piu’ ossigeno ma terriccio.
Ignorando la distanza che ci separava da Siem Riep – il concetto del cartello distanziometrico non e’ ancora arrivato in Cambogia – il nostro infame nocchiero si e’ fermato e ci ha proposto di salire su un altro pick up, errore che gli e’ costato un ulteriore abbassamento del prezzo da parte nostra fino a 5$ a testa. Il cambio in realta’ ci ha giovato non solo perche’ il numero dei passeffari era sceso a 7 – senza pennuti – ma anche perche’ i nostri nuovi compagni di viaggio si sono dimostrati molto piu’ socevoli ed interessanti, tant’e’ che senza neanche accorgercene siamo arrivati a destinazione.



Stremati, impolverati ma rinfrancati nello spirito per aver almeno recuperato in parte il maltolto del visto siamo capitati per caso in quella che a tutt’ora e’ la Guest House piu’ economica mai trovata: camera con due letti, bagno e ventilatore 3$ in tutto !!!
Vantaggi del made in China come d’altronde i proprietari che gestivano questa onesta e pulita pensione.
Eppure sapere che siamo a soli 8 km da uno dei piu’ grandi e magnifici siti archeologici del mondo ci serve per spazzare via – 0 meglio scrostare via – tutte le fatiche, le arrabbiature subite nel corso di una giornata praticamente interminabile. Da adesso l’unico pensiero stampato nella nostra testa e’ Angkor !!






Buon inizio di mellennio



Fede

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