giovedì, aprile 23, 2009

cambolletthai
n. 6 (36)
Di come si sopravvive al caldo di Phnom Penh ai faccendieri di Sihanoukville, ai temporali di Kampung Cham e alle vecchiette di Kratie


parte prima

“Riso, risaia, come me vie’ da ride”

Dopo circa sei ore di viaggio arriviamo a Phnom Penh, la capitale cambogiana devastata dai Khmer rossi nel 1975 e dal capitalismo nei giorni nostri.
Le condizioni dell’asfalto sono di tutto rispetto e, malgrado la stanchezza, non riesco a dormire: i miei occhi devono registrare ogni singola risaia, ogni bufalo infangato, ogni bimbo mezzo nudo che -sorridendo- corre verso la madre sdraiata su un’amaca, ogni singola casa rialzata su piloni fatti di tronchi di palma, coperta di foglie secche, ogni nuvolone che modifica la luce di questi spazi infiniti.
Di paesi, anche piccoli, con tanto di palazzine e negozi ce ne sono ben pochi; i villaggi si spalmano lungo la strada principale e sono organizzati alla meno peggio.

Pastorizia e agricoltura, questo e’ il motore della Cambogia che s’intravede dal finestrino. Ogni tanto ho l’impressione di vedere buche sospette, buche provocate da scoppi di mine antiuomo. La Cambogia negli ultimi 40 anni e’ stato terreno di battaglia per vietnamiti, americani e kmer rossi, tutti artefici di crimini contro l’umanita’, per aver sotterrato decine di milioni di mine, le piu’ delle quali hanno amputato gli arti a bimbi e semplici contadini. Si stimano ancora 10-12 milioni di mine ancora inesplose!!! Associare quelle buche a quegli eventi non e’ poi cosi’ assurdo.

La leggenda narra di una certa Madame Penh che trovo' quattro statue di bronzo in un tronco che galleggiava sul Mekong. Per mettere al sicuro il suo tesoro lo seppelli' sotto ad una collina di pietre (in khmer Phnom), dove venne poi edificato uno stupa. Nel XV secolo, questo che fu un semplice villaggio di pescatori, divenne la sede dei re Khmer, dopo la caduta di Angkor nel 1431.

Oggi Phnom Penh e’ una giovane donna violentata e ferita nell’animo. Pol Pot e la sua cricca, dopo averla liberata dagli americani e dalla guerra, l’ha letteralmente svuotata, deportando quasi tutta la popolazione nei campi di lavoro (i raccapriccianti killing fields) e riducendo in un mucchio di macerie quel gioiello del sudest asiatico. Le chiese divennero risaie e le moschee... porcili!!! Una scuola elementare e’ stata trasformata nell’ S-21, la sede del carcere e centro torture. Da quell’inferno sono sopravvissuti solo 6 cambogiani su 17.000! Un pomeriggio al Tuol Sleng, che oggi ora ospita il Museo del Genocidio, non potra’ lasciarvi indifferenti. Si consiglia di non mangiare pesante prima della visita (dopo la visita, invece, avrete lo stomaco chiuso!). Ora Phnom Penh sembra voler timidamente rinascere ma il suo patrigno e’ il capitalismo venuto dalla Cina e dalla Corea, l’ignoranza si sposa bene con l’avidita’ e di scrupoli questa gente se ne fa pochi.
Cosa ci si potra’ aspettare?

Per qualche giorno resto barricato al settimo piano di un hotel del quartiere nei pressi dello Stadio Olimpico per qualche capriccio del mio intestino. Di giorno fa solo caldo e di sera inizia un via-vai di signorine in abiti succinti che infestano l’ascensore di profumi di quart’ordine e rendono felici i clienti in attesa nelle proprie camere. Nella mia, oltre al ventilatore, non si muove nulla.

Tutti al mare

Risolti i problemi intestinali, decidamo di andare alla scoperta della Cambogia costiera: Sihanoukville (ex Kompong Som). Altro puttanaio infestato da bordelli e casino’, dove gli autisti di tuk tuk, oltre a portarvi da un posto all’altro, vi offrono massaggiatrici (boom-boom) o droghe di ogni tipo. C’e’ bisogno sempre di qualche giorno per superare questo supplizio che limita un luogo cosi’ bello ad un bordello turistico.

Sembra che la comunicazione coi locals sia limitata a questi scambi di offerte e canonici “No, thanks!”, ma basta uscire un po’ dal raggio d’azione dei piranha accalappia turisti, noleggiando uno scooter e spingersi oltre l’ultima spiaggia della costa, per trovare pace, mare splendido, acqua bollente e, ahime’, tanta spazzatura. Purtoppo in Cambogia e’ proprio l’ignoraza a coordinare i mali ed i limiti dello sviluppo. Il cambogiano tipo, dopo aver consumato un pasto o dopo aver domato la sete, si lascia scivolar dalle mani, con ammirevole noncuranza, la bottiglia, la lattina la sportina -rigorosamente di plastica- o il contenitore di polistirolo; poco importa se cadra’ in mare, sulla spiaggia o in un appropriato, quanto improbabile, cestino.
Nel paese del sorriso si inquina a trentasei denti!
Di risate genuine ce ne siam fatte in quantita' sproporzionate con Domenico e Goretti. Happy-Coppia gallego-italiana, in giro per l'Asia da un bel po'. Pensano di arrivare in Australia e sperano di tenere lontano lo spettro del rientro a Londra. Come dargli torto? Buon viaggio a loro e a i loro sogni.


Le spiagge piu’ in voga sono in pieno fermento, qui a Sihanoukville e tendono a seguire il trend tailandese: di giorno offrono sdraio, poltroncine o amache ai bagnanti e di sera organizzano barbeques, per lo piu’ di pesce, con piccoli exploit pirotecnici. I lidi frequentati dai cambogiani sono un po’ decentrati anche perche’, malgrado la prostituzione diffusa, qui regna uno strano pudore ed il bagnetto, loro, lo fanno vestiti!!!


Ci si rivede con Massimo (vedi bolletthai 5) e si decide di brindare durante
l’happy hour in un barettino sulla spiaggia, giocando a biliardo in un sereno crepuscolo, quando all’improvviso appare sulla buca d’angolo San Patrizio, o almeno i fantasmi di Siem Reap (vedi bolletthai 5). Noi si fa orecchie da mercante e si continua a mescere luppolo e malto.


In un batter d’occhio si fanno le otto di mattina e ci ritroviamo abbracciati ad un gruppo di backpackers francesi a cantare e a bere Pastis nello stesso bar, con il sole che cominciava a bruciare!
Notevole l’esibizione di Federigo e di un simpaticissimo quanto ubriachissimo transalpino, cercando di comunicare nella lingua di Moliere pur non condividendone le stesse conoscenze, ma questo Fede non lo sa ! Il risultato comunicativo e’ stato piu’ che raggiunto! Non fateglielo ripetere da sobrio, per carita’ !

Relax


Mi rilasso su una poltroncina per leggiucchiare davanti al golfo del Siam e tra le tantissime richieste delle venditrici di frutta, massaggiatrici, mani/pedicure, mendicanti, zupparole e gamberaie, si ferma una signora con la quale riesco a scambiare qualche parolina in inglese. Ci presentiamo e incontrando notevoli difficolta’ nel pronunciare i nostri nomi, le propongo di scriverli su di un pezzo di carta. Resto di marmo quando lei ha dovuto tirar fuori il suo documento per ricopiare il proprio nome sul foglietto. Non so come ho fatto a camuffare l’imbarazzo in ironica complicita’.

Si moltiplicano le ONG che lavorano in Cambogia; e’ facile incontrare scuole di Pedagogia per formare gli insegnanti; si cerca di reinserire nella societa’ chi ha pagato con un arto il prezzo dell’odio fraticida; centri di formazione alberghiera per dare un’alternativa a chi altrimenti e’ costretto a frugare nelle discariche il modo per arrivare a fine giornata o spazi per far dipingere i bimbi invece di mendicare in spiaggia. Potrei continuare ore ad elencare i progetti che, come gocce d’acqua in un oceano di problemi, cercano di contribuire alla rinascita del paese.

(la seconda parte del n.6 sara' on line domani...)

ennio

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